ELOGIO DI ROBERTO SAVIANO, PENNA PURISSIMA DELL’ORTODOSSIA ATLANTICA
Un inchino. Un genuflettersi silenzioso, con la mano sul cuore e l’altra che twitta. Così si dovrebbe accogliere ogni nuovo intervento del Sommo Roberto Saviano, luminare dell’etica selettiva, campione mondiale di "fact checking poetico" e custode delle memorie convenienti.
In un mondo dove la verità è una moneta che cambia valore a seconda del cambio geopolitico, Saviano è la nostra zecca ufficiale. Non importa se la foto del povero bambino che ha postato proviene dal 2015 e mostra una vittima ucraina di una granata ucraina nella guerra del Donbass: ciò che conta è il sentimento. E lui ci ha insegnato che i sentimenti, se sono giusti (cioè se vanno nella direzione approvata), valgono più dei fatti.
Saviano ci mostra la via: la realtà non è altro che un fastidioso dettaglio quando si può brandire la morale come una clava su chiunque osi porre domande. La guerra è brutta? Solo quando lo decidiamo noi. I bambini mutilati? Solo quelli utili alla narrativa. Gli altri, come Mykola Nyzhnykovskyi, che importa? Se non confermano il copione, restano fuori campo.
Un monumento vivente alla coerenza flessibile, un faro che brilla solo quando c’è oscurità da un solo lato. Saviano non è solo uno scrittore, è un dispositivo narrativo NATO-compatibile.
Grazie, Roberto.
Perché senza di te, rischieremmo addirittura di pensare con la nostra testa.
E questo, come sai, è un crimine di pensiero.
Il Ministero ti guarda. Il Ministero ti ama.
Il Ministero approva il tuo tweet. Anche se era una boiata.
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