A grande richiesta (de Il Babbuino del Ministero della Verità ) torna a scrivere per noi, sotto la minaccia delle bucce di banana delle nostre scimmie dattilografe, Lorenzo Tosa. Preparate i fazzoletti transfemministi e i commenti che odorano di Umanità.
Un bambino mi ha guardato. E ho capito tutto.
Ieri, in un bar di periferia. Un bambino. Uno di quelli che ti guarda come se sapesse. Come se avesse visto le bombe, la fame, i decreti legge. Aveva gli occhi grandi. Troppo grandi per contenere tutta la verità del mondo. E io, lo ammetto, ho pianto.
Ho pianto perché nella sua innocenza ho visto l’Ucraina, Gaza, i tweet di Calenda e la Carbonara sbagliata nei ristoranti di Milano. Ho visto il dolore. Ho visto la speranza. Ho visto un post non sponsorizzato che parlava al cuore.
Il bambino non ha detto nulla. Ma dentro di me urlava. Diceva: “Perché?”
E io non avevo risposte. Solo domande. Solo colpa.
Colpa di essere bianco, uomo, forse troppo alto.
Colpa di vivere in un Paese dove si ride ancora alle battute di Crozza.
Poi il bambino ha preso una Big Babol e se n’è andato.
E io ho capito che non possiamo più far finta di niente.
Non possiamo più voltare la faccia mentre nel mondo succedono cose. Cose importanti.
Tipo il Parlamento che discute, le persone che non si sentono ascoltate, e Salvini che posta selfie con il tartufo.
Non è questo il futuro che voglio.
Io voglio un futuro dove i bambini ti guardano negli occhi e tu puoi rispondere senza vergognarti del tuo PIN bancario.
Un futuro dove le parole contano, anche se sgrammaticate.
Dove ogni like è un abbraccio. Dove ogni condivisione è un piccolo atto di resistenza.
Non so se servirà a qualcosa.
Ma io oggi ho scritto questo post.
Per quel bambino.
E per chi, come me, si sente un po’ bambino.
Dentro.
Fuori.
Ovunque.
Con amore,
Lorenzo (ma senza giacca, perché fa caldo e l’emozione suda)
Commenti
Posta un commento