IL RITORNO A ISTANBUL: LA LINEA È UNA E INCONFUTABILE (QUELLA CHE DECIDIAMO NOI)

Cittadini,

sono mesi – pardon, anni – in cui ci siamo con rigore e abnegazione dedicati alla soppressione di ogni narrazione deviante, oggi finalmente i media tornano a parlare degli accordi di Istanbul. Quegli stessi che fino a ieri erano, con dovizia di titoli, bollati come fandonie russe, trappole putiniane, armi psicologiche del Cremlino.

Ma oggi – miracolo dell’uniformità editoriale – si torna a Istanbul.
Come se niente fosse.
Come se le paginate di fango, le scomuniche ai dissenzienti e le radiazioni dei giornalisti non allineati non fossero mai esistite.

È straordinario. È magnifico. È Ministeriale.

Non ci interessa la verità – quella è roba da filosofi e disperati.
A noi interessa la coerenza narrativa.
E la coerenza si ottiene così: negando oggi ciò che si affermava ieri, e sostenendo domani l’opposto di oggi, con lo stesso tono perentorio. Con sicurezza, con fermezza, con autorevolezza pelosa.

Naturalmente, noi non vogliamo la pace.
Sia chiaro.
Non possiamo permetterla.

Una pace oggi sarebbe una sconfitta totale del nostro comparto propagandistico.
Vorrebbe dire ammettere che la diplomazia era possibile.
Che la neutralità dell’Ucraina era sul tavolo.
Che la Russia non era né isolata né disperata.
Che Boris Johnson è stato inviato non per portare il tè, ma per sabotare gli accordi.

No.
Questo non può emergere.

E quindi, come zelanti psicopoliziotti, vigileremo.
Faremo di tutto per far saltare ogni possibilità di dialogo.
Evocando fantasmi, manipolando eventi, sguinzagliando analisti e benpensanti pronti a spiegare quanto “serve una pace giusta” (immaginate che risate se il terzo reich, ormai sconfitto, avesse chiesto "La pace giusta".
Perché la guerra è utile, la guerra è necessaria, la guerra è corretta.

Nel nome della sicurezza, della libertà, della verità autorizzata.
E soprattutto, nel nome di un principio sacro:
se il Ministero ha detto una cosa, anche il contrario è vero.

Quindi viva la stampa libera – libera di cambiare versione appena riceve il promemoria settimanale.
Viva la coerenza – quella del camaleonte sul logo di ogni testata.
Viva il giornalismo – quello con la schiena dritta… quando si piega nel verso giusto.

E morte alla pace.
Con ogni mezzo necessario.
Fino all’ultimo razzo.

Firmato:
Iosif Nemesi – con l’ausilio del Babbuino del Ministero,
Responsabile del Controllo Qualità della Narrativa Ufficiale

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