La Bandiera Stonata di PutignanoFiaba del Ministero della Verità, narrata da un passante ubriaco ma volenteroso
Cari bambini e care bambine del Regno Unito d’Europa, oggi vi racconterò una storia vera. Talmente vera da essere stata accuratamente verificata, omologata e poi smussata negli angoli, per non ferire nessuno. È una storia che sa di libertà al cloroformio, di sport igienizzato, e di colori troppo accesi per restare appesi.
C’era una volta, nel ridente feudo di Putignano, una casetta dal tetto rosso, coi gerani ben allineati e una bandiera palestinese che danzava nell’aria come una verità fuori copione. Dentro ci abitava Sofia, una giovane abitante convinta — poverina — che casa sua fosse davvero casa sua. Che illusa!
Ma attenzione, piccoli sudditi: quella settimana, tra le strade lastricate di gloria di Putignano, stava per passare un evento sacro. No, non il Papa. Peggio: il Giro d’Italia, con le sue telecamere benedette, i suoi sponsor onnipotenti, e i suoi delicatissimi equilibri geopolitici.
Quando i Cavalieri dell’Ordine Pubblico, armati di auricolare e zelo amministrativo, scorsero quella bandiera scomoda — ah, quell’orribile stonatura nel grande quadro pastello della diretta Rai — consultarono il Tomo del Protocollo, e decretarono con voce piatta ma imperiale:
“Questo simbolo potrebbe generare turbamento. Potrebbe indurre il pensiero. Potrebbe... dispiacere.”
Così marciarono alla casetta con passo felpato, e con tono fermo ma paternalmente democratico, dissero:
“Gentile signora, sarebbe più consono, più elegante, più conveniente rimuovere la bandiera. Non è censura, per carità! È solo per garantire l’Ordine. E il Decoro. E... lo Sport. E, insomma, lei capisce.”
La bandiera fu rimossa. Il Giro passò. Le telecamere sorridenti ripresero balconi ben stirati e finestre senza opinione. L’Equilibrio fu restaurato. L’Ordine, glorificato.
E voi, piccoli ascoltatori, ora direte: “Ma cosa ci insegna questa fiaba?”
Oh, che domanda sciocchina! Questa storia ci insegna che la libertà di espressione è come una bicicletta: elegante, scattante, potenzialmente pericolosa. E come ogni bicicletta in eccesso di libertà, va chiusa in garage, soprattutto se va in direzione contraria al traffico della narrativa dominante.
Perché, miei cari, la vera democrazia non è dire ciò che pensi. È pensare ciò che puoi dire, quando e come conviene a chi ti osserva.
Grazie per aver ascoltato. Ora tornate pure nei vostri lettini ben regolati. Alla prossima fiaba, con la benedizione del Ministero della Verità — e dei suoi immacolati partner internazionali.
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