La pecorella che voleva criticare IsraeleFavola narrata da Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo e mamma amorevole della democrazia selettiva

C’era una volta, in una radura dell’Occidente, una pecorella di nome Clarabella. Clarabella era molto curiosa, leggeva tanti giornali (anche alcuni di sinistra!) e un giorno, mentre scrollava il feed dell’alveare digitale, trovò un video in cui si vedeva un carro armato israeliano demolire una scuola.

“Ma… questo non mi sembra molto gentile,” belò timidamente Clarabella.
Fu allora che la Grande Civetta Guardiana della Libertà, vestita di blu e bianco, scese dal cielo con un tomo intitolato “Storia della Shoah” legato al collo.

“Clarabella,” gracchiò la Civetta, “tu hai appena compiuto un reato: hai osato pensare che Israele possa essere criticabile. Questo, lo sai, è antisemitismo.”

“Ma io non sono antisemita! Ho amici ebrei! Ho letto Primo Levi!”
“Non importa,” disse la Civetta, stringendo gli artigli. “Il tuo pensiero potrebbe offendere Israele. E questo è l’unico crimine di guerra che riconosciamo in Europa.”

Allora arrivò il Tribunale dei Valori Indiscutibili, formato da gufi, pappagalli da talk show e un pavone vestito da giornalista de La Repubblica. Dopo un processo della durata di sette minuti e mezzo (interrotti solo da un minuto di silenzio per Shimon Peres), Clarabella fu giudicata colpevole di “antisionismo interiorizzato”.

La sentenza fu esemplare: pena capitale morale.
Clarabella fu bandita dalle praterie del dibattito, i suoi account sospesi, la sua lana sequestrata per farne kippah da cerimonia.
Le altre pecore applaudirono. “Ora siamo tutti più sicuri.”

Morale della favola (scritta in grassetto sulle pareti dell’ovile europeo): “Chi critica Israele è antisemita e deve essere liquidato. Con amore, ovviamente.”

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