Avviso ai giornalisti
Cari giornalisti di tutto il mondo,
è giunto il momento di fare chiarezza. Quello che sta accadendo a Gaza non è una tragedia, è un nostro simpatico esperimento di repressione selettiva.
Con orgoglio, vi sveliamo finalmente che stiamo implementando un nuovo protocollo di gestione dei soggetti che si ostinano a voler fare i giornalisti invece che gli stenografi della propaganda autorizzata.
Abbiamo imparato dai nostri errori.
Con Julian Assange ci siamo divertiti, sì, è stato un bel giocattolo! Pensate, ci manca un pò.
Ma nutrirlo, lavarlo, tenerlo vivo per anni ci è costato un patrimonio e poi c’era sempre qualche ONG, qualche artista, qualche filosofa vegana francese pronta a frignare per “i diritti umani”.
Mai più.
Con l’aiuto dei nostri alleati sionisti abbiamo ora una nuova strategia: far morire i giornalisti scassaminchia direttamente sul campo. Senza prigioni, senza processi, senza nemmeno dover scrivere un comunicato ufficiale.
Basta lasciarli lì, come ratti in trappola, tra le macerie che si ostinano a voler raccontare o, al limite, bersagliarli e colpirli "per errore" (come facciamo già da tempo) quando non abbiamo tempo per giocare.
Del resto, erano stati avvisati: "Uscite da Gaza."
Chi è rimasto, ha firmato la propria condanna.
Sapevano che non dovevano mostrare bambini mutilati, madri dissanguate, case rase al suolo.
Non è deontologia, è eversione. È antisemitismo, se proprio vogliamo chiamare le cose col loro nome.
Perché non sta bene mostrare che la nostra superiore civiltà occidentale si comporta come una belva.
Non è elegante ricordare che, per i nostri partner, un palestinese non è un essere umano, ma una nota a piè di pagina nel bilancio delle operazioni.
Noi viviamo nel giardino ordinato dell’Occidente, loro nella giungla e loro dovevano solo limitarsi a raccontarlo così.
E invece eccoli lì, affamati, senz’acqua, senza corrente, a morire per un articolo.
Complimenti.
Il loro eroismo farà al massimo esaltare i loro colleghi sovversivi su Ottolina tv, Pubble e affini.
Ma qui fuori, nel mondo reale, vince chi detta la narrazione, non chi la subisce.
Questo è solo l’inizio.
Dopo Gaza, il protocollo sarà esteso: Yemen, Siria, Congo, magari anche Parigi o New York, a seconda dei budget.
Chi non si allinea, si spegne.
Chi non obbedisce, non mangia.
E se ancora non vi è chiaro il messaggio, tranquilli: arriveremo anche da voi.
Firmato:
Ministero della Verità
Dipartimento di Psicopolizia – Sezione "Educazione Giornalistica Permanente"
è giunto il momento di fare chiarezza. Quello che sta accadendo a Gaza non è una tragedia, è un nostro simpatico esperimento di repressione selettiva.
Con orgoglio, vi sveliamo finalmente che stiamo implementando un nuovo protocollo di gestione dei soggetti che si ostinano a voler fare i giornalisti invece che gli stenografi della propaganda autorizzata.
Abbiamo imparato dai nostri errori.
Con Julian Assange ci siamo divertiti, sì, è stato un bel giocattolo! Pensate, ci manca un pò.
Ma nutrirlo, lavarlo, tenerlo vivo per anni ci è costato un patrimonio e poi c’era sempre qualche ONG, qualche artista, qualche filosofa vegana francese pronta a frignare per “i diritti umani”.
Mai più.
Con l’aiuto dei nostri alleati sionisti abbiamo ora una nuova strategia: far morire i giornalisti scassaminchia direttamente sul campo. Senza prigioni, senza processi, senza nemmeno dover scrivere un comunicato ufficiale.
Basta lasciarli lì, come ratti in trappola, tra le macerie che si ostinano a voler raccontare o, al limite, bersagliarli e colpirli "per errore" (come facciamo già da tempo) quando non abbiamo tempo per giocare.
Del resto, erano stati avvisati: "Uscite da Gaza."
Chi è rimasto, ha firmato la propria condanna.
Sapevano che non dovevano mostrare bambini mutilati, madri dissanguate, case rase al suolo.
Non è deontologia, è eversione. È antisemitismo, se proprio vogliamo chiamare le cose col loro nome.
Perché non sta bene mostrare che la nostra superiore civiltà occidentale si comporta come una belva.
Non è elegante ricordare che, per i nostri partner, un palestinese non è un essere umano, ma una nota a piè di pagina nel bilancio delle operazioni.
Noi viviamo nel giardino ordinato dell’Occidente, loro nella giungla e loro dovevano solo limitarsi a raccontarlo così.
E invece eccoli lì, affamati, senz’acqua, senza corrente, a morire per un articolo.
Complimenti.
Il loro eroismo farà al massimo esaltare i loro colleghi sovversivi su Ottolina tv, Pubble e affini.
Ma qui fuori, nel mondo reale, vince chi detta la narrazione, non chi la subisce.
Questo è solo l’inizio.
Dopo Gaza, il protocollo sarà esteso: Yemen, Siria, Congo, magari anche Parigi o New York, a seconda dei budget.
Chi non si allinea, si spegne.
Chi non obbedisce, non mangia.
E se ancora non vi è chiaro il messaggio, tranquilli: arriveremo anche da voi.
Firmato:
Ministero della Verità
Dipartimento di Psicopolizia – Sezione "Educazione Giornalistica Permanente"
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