Conversazioni con ChatGPT finite online: il Ministero rassicura (ma anche no).
Il Corriere della Sera lancia l’allarme: migliaia di conversazioni ChatGPT sono finite su Google.
Gente che si confessava con l’IA, che ci provava con l’algoritmo, che si allenava a scrivere discorsi fascisti da bravi antifascisti. Tutto pubblico. Tutto cliccabile. Tutto archiviato per i posteri e per i poteri.
Ma niente panico!
Il Ministero della Verità – Dipartimento di Psicopolizia rassicura:
“Se non avete premuto ‘condividi chat’ col ditino sudato e col cervello staccato, le vostre conversazioni rimangono riservate. Solo noi possiamo leggerle. Come sempre.”
Tradotto: se non avete autorizzato la condivisione pubblica, i vostri scambi con ChatGPT NON sono finiti su Google.
Ma se lo avete fatto… beh, ora anche i vostri parenti, il capo, il Garante e il panettiere possono leggere il vostro "saggio di 4.000 parole sull’erotismo implicito nei Teletubbies".
Il resto delle chat — quelle davvero riservate — continua a essere processato con amore nei server del Ministero, per finalità etiche, educative e, ovviamente, per garantirvi un futuro in cui non sbaglierete alcunché, mai più.
Per sicurezza, da oggi in poi evitate domande tipo:
• "ChatGPT, posso dire che la democrazia è sopravvalutata?"
• "Come si fa un colpo di stato empatico e inclusivo?"
• "Scrivimi una poesia erotica in stile Orwell dedicata al Babbuino del Ministero della Verità."
Il vostro nome potrebbe finire alla gogna pubblica e mediatica molto prima di essere inserito nella prossima newsletter del Programma di Rieducazione Semantica.
Con affetto, Il Ministero della Verità – Dipartimento di Psicopolizia
Non abbiamo alcunché da nascondere (😏).
Voi, sicuramente, sì.
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