"Genocidio" è un marchio registrato. Usarlo senza autorizzazione è reato di lesa memoria.
Cari cittadini,
è giunto il momento di fare chiarezza sull’uso indiscriminato di certi vocaboli. In particolare, vi ricordiamo che le parole "genocidio" e "Olocausto" sono proprietà intellettuale del popolo ebraico europeo vittima del nazismo.
Qualsiasi tentativo di estenderne il significato ad altri contesti – come ad esempio la cancellazione sistematica del popolo palestinese attraverso bombe, assedi, carestie, decapitazioni, amputazioni, denutrizione infantile e bombardamenti sulle tende dei rifugiati – è da considerarsi appropriazione semantica abusiva.
Bonus Olocausto™ – L'esonero morale definitivo
Grazie al Bonus Olocausto™, Israele può tranquillamente:
• demolire città con la ruspa biblica di Giosuè,
• sigillare ospedali con cemento fresco,
• affamare bambini fino alla necrosi epatica o, per divertirsi un pò, infilargli un proiettile nel cranio davanti ai genitori
• e ridefinire il concetto stesso di vita umana in base all’appartenenza etnica senza mai rientrare nei criteri del genocidio, perché genocidio è solo quello che è successo a loro.
Tutto il resto è “difesa”. O, al massimo, una questione geopolitica complessa.
Non ti permettere di banalizzarla con vocaboli carichi di significato.
Non sei sopravvissuto tu ad Auschwitz, e questo ti squalifica linguisticamente.
A tal proposito: la nostra testimone storica preferita, Liliana Segre, ci dice che chi parla di genocidio a Gaza lo fa per vendetta contro gli ebrei.
Giusto, Liliana. Perché se non ci sono treni piombati e camere a gas, allora non è genocidio.
Se muoiono solo 60.000 civili sotto le bombe, se si affama e tortura una popolazione intera con la scusa di Hamas, se si spara in testa ai bambini per divertimento, se si rubano case e territori con la scusa della terra promessa, va tutto bene e dargli la definizione che merita è un odioso crimine di odio antisemita.
Insomma, dai: basta non chiamare certe cose col nome sbagliato.
Il sangue non è offensivo.
La parola sbagliata, sì.
Avviso ai dissidenti semantici:
Ogni utilizzo non autorizzato del termine "genocidio" per descrivere la situazione a Gaza verrà perseguito dal nostro Ufficio di Polizia Linguistica con le seguenti accuse:
• antisemitismo di ritorno,
• negazionismo inverso,
• comparazionismo reazionario,
• eccesso di realtà.
La verità è quella che stabilisce il Ministero feat. Le lobby israeliane tutte.
Grazie al lavoro indefesso di testimoni certificati, opinionisti sobillati e giornalisti dal cuore gravemente appesantito, possiamo finalmente mettere ordine nella gerarchia del dolore:
non tutto il sangue è uguale. Alcuni morti valgono. Altri, disturbano.
è giunto il momento di fare chiarezza sull’uso indiscriminato di certi vocaboli. In particolare, vi ricordiamo che le parole "genocidio" e "Olocausto" sono proprietà intellettuale del popolo ebraico europeo vittima del nazismo.
Qualsiasi tentativo di estenderne il significato ad altri contesti – come ad esempio la cancellazione sistematica del popolo palestinese attraverso bombe, assedi, carestie, decapitazioni, amputazioni, denutrizione infantile e bombardamenti sulle tende dei rifugiati – è da considerarsi appropriazione semantica abusiva.
Bonus Olocausto™ – L'esonero morale definitivo
Grazie al Bonus Olocausto™, Israele può tranquillamente:
• demolire città con la ruspa biblica di Giosuè,
• sigillare ospedali con cemento fresco,
• affamare bambini fino alla necrosi epatica o, per divertirsi un pò, infilargli un proiettile nel cranio davanti ai genitori
• e ridefinire il concetto stesso di vita umana in base all’appartenenza etnica senza mai rientrare nei criteri del genocidio, perché genocidio è solo quello che è successo a loro.
Tutto il resto è “difesa”. O, al massimo, una questione geopolitica complessa.
Non ti permettere di banalizzarla con vocaboli carichi di significato.
Non sei sopravvissuto tu ad Auschwitz, e questo ti squalifica linguisticamente.
A tal proposito: la nostra testimone storica preferita, Liliana Segre, ci dice che chi parla di genocidio a Gaza lo fa per vendetta contro gli ebrei.
Giusto, Liliana. Perché se non ci sono treni piombati e camere a gas, allora non è genocidio.
Se muoiono solo 60.000 civili sotto le bombe, se si affama e tortura una popolazione intera con la scusa di Hamas, se si spara in testa ai bambini per divertimento, se si rubano case e territori con la scusa della terra promessa, va tutto bene e dargli la definizione che merita è un odioso crimine di odio antisemita.
Insomma, dai: basta non chiamare certe cose col nome sbagliato.
Il sangue non è offensivo.
La parola sbagliata, sì.
Avviso ai dissidenti semantici:
Ogni utilizzo non autorizzato del termine "genocidio" per descrivere la situazione a Gaza verrà perseguito dal nostro Ufficio di Polizia Linguistica con le seguenti accuse:
• antisemitismo di ritorno,
• negazionismo inverso,
• comparazionismo reazionario,
• eccesso di realtà.
La verità è quella che stabilisce il Ministero feat. Le lobby israeliane tutte.
Grazie al lavoro indefesso di testimoni certificati, opinionisti sobillati e giornalisti dal cuore gravemente appesantito, possiamo finalmente mettere ordine nella gerarchia del dolore:
non tutto il sangue è uguale. Alcuni morti valgono. Altri, disturbano.
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