Ai cittadini europei: avete vissuto abbastanza. È ora di crepare per i mercati.

Cari cittadini europei,

è arrivato il momento di parlare senza più filtri, perché l’epoca in cui si poteva fingere che l’Unione Europea esistesse per il vostro benessere è finita, archiviata insieme allo Stato sociale, alla promessa di mobilità ascendente e all’illusione che i diritti fossero qualcosa di più di una concessione revocabile.

In accordo pieno, trasversale e sostanzialmente unanime con tutte le classi politiche europee — sì, anche quelle che vi illudete di votare per protesta — abbiamo stabilito che il modello sociale europeo non è più sostenibile, non perché sia sbagliato, ma perché voi costate troppo e rendete poco.

Vivete troppo a lungo, studiate troppo, vi curate troppo e, soprattutto, avete sviluppato l’abitudine tossica di credere che tutto questo vi sia dovuto, anche ora che l’Europa ha bisogno di riconvertirsi a un’economia di guerra permanente per non sbriciolarsi sotto il peso delle proprie contraddizioni.

La guerra alla Russia non è una scelta morale, né una risposta emotiva, ma una necessità sistemica: senza un conflitto strutturale, senza un nemico permanente, senza una giostra bellica che continui a girare, il sistema collassa, e non abbiamo alcuna intenzione di affondare insieme a voi.

Il problema, dunque, siete voi.
Pensioni, scuola pubblica, sanità universale e diritti sociali erano strumenti utili in un’epoca di stabilità; oggi sono zavorra, spreco, intralcio alla riallocazione delle risorse verso ciò che conta davvero, e cioè produzione militare, controllo interno e tenuta dei mercati, motivo per cui verranno progressivamente smantellati con la consueta combinazione di tecnicismi, emergenze e “non ci sono alternative”.

Per il momento non possiamo ancora mandarvi a crepare in massa al fronte, non per umanità ma per limiti logistici: mancano le armi, manca la produzione, manca il volume; nel frattempo, però, vi stiamo preparando, abituandovi alla precarietà, alla paura e alla perdita, così che quando indossare una divisa diventerà obbligatorio vi sembrerà quasi un miglioramento.

Le proteste interne, comprese quelle di categorie ormai fastidiose come gli agricoltori che pensano ancora di essere indispensabili perché producono cibo vero, verranno gestite con fermezza, perché l’ordine viene prima del consenso e la stabilità prima delle vostre lamentele, e nessuna strategia può permettersi masse che si illudono di contare qualcosa.

Arruoleremo dove serve, attingendo a poveri, precari, eccedenti, inutili al mercato civile, e l’eventuale mancanza di volontà non costituirà un problema, dato che la libertà di scelta è un lusso che funziona solo in tempo di pace e solo quando conviene a chi comanda.

Quanto alla fame, potete smetterla di frignare: grazie agli accordi con l’Ucraina e con il Mercosur arriverà abbastanza roba da tenervi in piedi, non sani ma funzionali, cibo economico, trattato, allungato, imbottito di merda chimica quanto basta per farvi campare il tempo necessario, perché morire di tumore, lentamente, senza fare rivoluzioni, è molto più efficiente che morire di fame tutti insieme.

Gli effetti sanitari a lungo termine non rientrano nel nostro orizzonte decisionale, perché i tumori non votano, le statistiche non scioperano e i morti futuri non disturbano i mercati presenti.

Ebbene si: cittadini europei, non vi chiediamo consenso, comprensione o entusiasmo: vi chiediamo adattamento, rassegnazione e silenziosa collaborazione, perché l’Europa andrà avanti comunque, con voi se sarete utili, senza di voi se diventerete d’intralcio.
Grazie per il contributo che offrirete.
È previsto.
È obbligatorio.
E non verrà ricordato.



⚠️ ATTENZIONE ⚠️

Il testo sopra riportato sarebbe la trascrizione di un intervento attribuito alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, pronunciato in evidente stato di incoscienza alcolica durante una sessione di bevute a porte chiuse, tenutasi a conclusione del Forum Europeo Segreto sulla Resilienza e la Transizione di Genere delle Lumache Fermentate (FESRTGLF), svoltosi in una bettola notturna sita in provincia di Bruxelles e, almeno nelle intenzioni ufficiali, non destinata alla stampa.

L’intervento avrebbe avuto un intento palesemente goliardico e sarebbe dovuto restare confinato a una platea ristretta di funzionari, lobbisti e consulenti industriali, tutti visibilmente strafatti di alcol e sostanze di ogni genere, nel consueto clima di sincerità che accompagna il potere solo quando è convinto di non essere ascoltato.

La diffusione del testo sarebbe stata causata da un atto di sabotaggio compiuto da uno stagista non pagato, che per circa tre minuti avrebbe reso accessibile l’audio grezzo su una piattaforma di streaming illegale del dark web, inizialmente destinata a un seminario parallelo su agricoltura sostenibile e transizione verso la servitù della gleba tecnologica.

La Commissione Europea ha successivamente chiarito che si trattava di un “intervento informale”, che il contenuto sarebbe stato “estrapolato dal contesto” e che “alcune espressioni non riflettono la posizione ufficiale dell’Unione”.

A noi del Ministero della Verità, ormai, frega cazzi.
Vi siete bevuti quarant’anni di narrazioni neoliberiste senza mai chiedere il conto.
Vi siete lasciati togliere diritti conquistati col sangue e col sudore dei vostri avi firmando sorridenti sotto ogni “riforma necessaria”.
Avete accettato tutto, sempre, comunque.
A questo punto vale tutto.
Può passare letteralmente qualsiasi cosa.
Crederete comunque a ciò che vogliamo che voi crediate.
E la parte divertente è poter dire la verità senza alcuna paura, tanto un fact-checker pronto a farvi il lavaggio del cervello si trova sempre.

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