Il Reich che non esiste più (ma non se ne è accorto): l’Unione Europea nella sua fase morente
Rapporto segreto del Babbuino del Ministero della Verità (non divulgare per nessun motivo)
Il Ministero della Verità osserva con composta soddisfazione l’ultima, elegante metamorfosi dell’Unione Europea: non più progetto politico, non ancora museo archeologico, ma apparato ideologico in fase terminale. Quando la realtà bussa, Bruxelles risponde con un comunicato stampa. Quando i fatti insistono, li sanziona. Quando i numeri smentiscono, li moralizza. È il copione classico dei poteri che stanno perdendo: non correggono gli errori, reprimono le domande.
La guerra in Ucraina ha prodotto un risultato netto: la strategia europea non ha funzionato. Le scommesse sono saltate una dopo l’altra — collasso economico russo, isolamento totale, vittoria rapida del “campo giusto”.
Di fronte a questo fallimento, un’istituzione sana correggerebbe la rotta. Un’istituzione in declino fa l’opposto: alza la voce. Più i fatti smentiscono, più il linguaggio si fa assoluto. Non si discute, si condanna. Non si analizza, si moralizza.
Il problema non è perdere una partita geopolitica. Il problema è non poterlo ammettere.
Nel teatro dell’assurdo europeo, l’atto più applaudito è la minaccia di inviare truppe in Ucraina. Un annuncio solenne, ripetuto, rilanciato. Peccato sia militarmente vuoto.
Gli eserciti europei non hanno uomini, non hanno scorte, non hanno capacità industriale di sostenere un conflitto ad alta intensità. Hanno però le conferenze stampa. Minacciare ciò che non si possiede è un classico della fase morente del potere: serve a intimidire gli alleati, non i nemici. È deterrenza da cartone animato.
Quando il potere smette di convincere, punisce. E quando non può vincere sul campo, vince sul conto corrente.
Accademici, analisti, intellettuali colpevoli di non allinearsi vengono marchiati come “propagandisti”, colpiti con sanzioni amministrative, congelamenti di beni, interdizioni. Nessun processo. Nessun contraddittorio. Nessuna confutazione.
Non è dibattito. È proscrizione soft.
Chi oggi viene sanzionato non è colpevole di mentire, ma di non ripetere. Il messaggio è chiarissimo: potete parlare, purché diciate la cosa giusta.
La somiglianza non è nei simboli, ma nella dinamica storica: un apparato che rifiuta la realtà, sacralizza la propria narrazione, trasforma il dissenso in tradimento e usa strumenti amministrativi per fare ciò che prima faceva il confronto.
È la sindrome del Reich morente: più il mondo reale smentisce, più l’ideologia diventa feroce. Non crea consenso, lo pretende. Non persuade, epura.
Ai cittadini diremo le solite cose: state sereni! Non è censura! Non è repressione!
È protezione! Protezione di che?
Protezione della verità ufficiale, ovviamente, protezione della narrazione autorizzata. Protezione dal trauma di scoprire che la realtà non obbedisce.
E se qualcuno insiste a fare domande sbagliate, non v'è problema: il modulo di sanzione è già pronto.
Il Ministero vigila. Il dissenso verrà corretto. La storia verrà riscritta.
Fine rapporto.
Firmato
Il Babbuino del Ministero della Verità
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