Zelensky e il ficus

«Avrei dovuto firmare a Istanbul. All’epoca mi dicevano che sarei entrato nella Storia, e invece sto entrando in un tunnel. Io neanche parlavo ucraino, parlavo russo, facevo ridere la gente… ora faccio geopolitica con chi mi spiega che la libertà è una cosa meravigliosa, purché la paghi qualcun altro. Ho dato retta all’Occidente, ho detto “sì” troppe volte, ho stretto troppe mani pulite che lasciavano impronte sporche. Oggi so che il finale non lo scrivo io. E no, non ho voglia di un’altra call con Bruxelles, né di sorridere in Florida. Ci sono momenti in cui non vorresti un piano di pace. Vorresti solo un’uscita di sicurezza.» 
(Lo sfogo del presidente Zelensky sarebbe stato intercettato alle 03:17 di notte durante una videochiamata privata denominata “Call di resilienza emotiva – Livello 4”, organizzata dall’Unione Europea per insegnare ai leader mondiali a “gestire il senso di colpa con la respirazione consapevole”. Zelensky avrebbe dovuto limitarsi a ripetere il mantra ufficiale “La guerra è pace, io sto benissimo, grazie”, ma dopo aver sbagliato tre volte la pronuncia di resilienza, avrebbe spento la webcam, lasciato il microfono aperto e iniziato a parlare con una pianta di ficus con bollino NATO, a cui avrebbe chiesto se in Florida esistono programmi di protezione per ex presidenti pentiti, purché non facciano domande. La Commissione europea ha classificato l’audio come “esercizio di mindfulness avanzato” e lo ha archiviato nella cartella Materiale formativo per la prossima generazione di leader)

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